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Dental Capsule: production and materials
"Descrizione"
by ivan (999 pt)
2021-Nov-17 19:28

Review Consensus: 20 Rating: 10 Number of users: 2
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La porcellana è un prodotto ceramico a pasta vetrificata che contiene diverse componenti che permettono di modulare le proprietà della ceramica dalla plasticità, alle proprietà meccaniche, alla temperatura di fusione, al ritiro della ceramica ecc.

All’interno di questa porcellana se si aggiunge una certa quantità di silice cristallina sotto forma di quarzo, questa non fonde durante la preparazione della porcellana e quindi di fatto è un sistema prevalentemente vetroso ma con qualche inclusione cristallina di silice. Anche i prodotti di trasformazione del caolino restano cristallini a seguito della trasformazione della porcellana.

Le particelle che restano cristalline servono un po' per rafforzare il materiale e un po' per ridurne il ritiro perché rimanendo inalterate non subiscono il ritiro a cui va incontro la ceramica durante la cottura.

Raffreddando la ceramica si verifica una diminuzione del volume e la sinterizzazione delle particelle determinando l’eliminazione o la riduzione delle porosità con una riduzione del volume del manufatto finale.

E’ molto importante che calzi perfettamente sul dente da ricostruire e vada a riempire correttamente gli spazi per evitare la permanenza di cavità in cui la placca e i batteri possano infiltrarsi.

Per regolare il comportamento della ceramica bisogna modulare i suoi ingredienti in modo da controllare le variazioni dimensionali, il ritiro, l’arrotondamento dei bordi ecc.

 

Uno degli ingredienti che spesso era presente nelle ceramiche tradizionali era il caolino ( un silicato idrato di allumina). Questo composto accresce la lavorabilità del materiale ma rende la porcellana opaca e, dal punto di vista estetico, non è accettabile.

Attualmente le porcellane dentali contengono feldspati, quarzo, ossido di boro, e altri ossidi; in questo modo l’aspetto estetico della porcellana risulta migliore.

 

 

Nel procedimento di cottura della porcellana si passa da una miscela di polveri in sospensione acquosa ad un guscio di porcellana resistente che è la ricostruzione dentale, quindi si effettua un trattamento termico che sinterizza queste polveri poi si allontana la fase acquosa e si produce un manufatto solido.

Siccome le particelle vetrose vengono portate a temperatura di fusione, si rischia di avere un certo arrotondamento dei bordi che potrebbe determinare una perdita dei dettagli geometrici che erano stati registrati con l’impronta.

Quindi gli elementi che compongono la porcellana devono essere opportunamente proporzionati in modo tale da controllare il ritiro e l’allontanamento del materiale a seguito della cottura.

La porcellana dentale tradizionale è un materiale chimicamente molto stabile e con un’ottima estetica, non si deteriora nel tempo e presenta una conducibilità e un coefficiente di espansione termica simile a quelle dello smalto e del dente.

Per queste caratteristiche è un materiale ancora molto utilizzato nelle ricostruzioni dentali, ha inoltre una buona resistenza alla compressione ma per contro ha una resistenza alla trazione molto bassa e ha una bassa durezza, e inoltre è estremamente sensibile a difetti superficiali (ci sono altre ceramiche che hanno una resistenza superficiale maggior rispetto alla porcellana tradizionale).

Questo tipo di materiale può essere utilizzato come fase vetrosa all’interno delle ceramiche a matrice ceramica o come rivestimento di sottostrutture metalliche.

 

Le problematiche principali di questo materiale sono legate al ritiro e alla presenza di gas prima della cottura che potrebbero portare alla rottura del pezzo.

Questo perché se noi abbiamo nell’interfaccia tra metallo e ceramica o nell’interno della ceramica la presenza di gas come vapore acqueo o anidride carbonica, durante la cottura questi gas verranno allontanati dalla ceramica e potrebbero provocare dei pori o delle cricche.

Per evitare la rottura dovuta alla presenza di gas e per preparare il materiale si procede con una essicazione lenta per allontanare la fase acquosa e poi con riscaldamento molto lento per far sì che non si abbia un brusco allontanamento di queste fasi gassose che potrebbero danneggiare il materiale.

Altri accorgimenti sono legati all’aggiunta di materiali inerti come la silice all’impasto e filler a grana grossa che mantengano più stabile, dal punto di vista dimensionale, il manufatto. Poi è necessaria una corretta preparazione della sottostruttura metallica, nel caso delle metallo-ceramiche, per poter eliminare in fase di preparazione le impurità dalla superficie metallica ed evitare che queste, allontanandosi durante il trattamento termico di cottura della ceramica sulla sottostruttura metallica, possano creare bolle ed andare a minare l’interfaccia metallo-ceramica.

La capsula in ceramica tradizionale è un guscio che si produce con tecniche estremamente artigianali cioè viene costruito su misura per il paziente e tutto viene eseguito nel laboratorio dell’odontotecnico.

La capsula rafforza la struttura di un dente troppo debole o danneggiato mantenendo, sotto, il dente naturale, un ponte  rimpiazza un dente mancante.

In entrambi i casi si ha la costruzione di un guscio ceramico con metodi artigianali.

Le ceramiche integrali sono diverse non solo per materiali utilizzati ma anche per metodi di produzione.

 

Il processo di produzione della capsula tradizionale prevede tre stadi:

1 -Compaction che è la realizzazione dello strato ceramico.

Inizialmente, lo strato non è sinterizzato e quindi è costituito dal materiale che sarà il materiale finale ma non ha ancora la resistenza meccanica. 

Si applica di solito con una miscela di polveri ceramiche in una sospensione in modo che si possa stendere quasi come una vernice su una sottostruttura metallica e poi acquisirà una resistenza meccanica solo dopo il trattamento termico di sinterizzazione della ceramica.

Questa prima fase prevede l’applicazione di fatto di 3 strati di ceramica : una tonalità opaca (per coprire il colore della sottostruttura metallica), una tonalità della dentina e una della tonalità dello smalto.

Una realizzazione a più strati consente di ottenere una resistenza meccanica e l’aspetto estetico desiderato.

2 - Firing

Il secondo passaggio è il trattamento termico detto firing. Qui si ha un riscaldamento lento per eliminare l’acqua ed eventuali gas intrappolati all’interno di questo comparto di polveri e poi si ha un trattamento termico in cui si verifica una sinterizzazione in fase liquida cioè le particelle vetrose vanno in fusione e poi solidificano sotto forma di una fase vetrosa.

Invece le particelle stabili  come la silice cristallina rimangono inerti ma vengono legate dal vetro fuso che fluisce tra le particelle.

Abbiamo un ritiro volumico assolutamente non trascurabile che è intorno al 20% e questo processo permette di ottenere, da una struttura senza alcuna resistenza meccanica, un prodotto ceramico denso e con le sue proprietà meccaniche.

Siccome abbiamo una sinterizzazione in fase liquida dove questo vetro fuso fluisce tra le particelle, se lo lasciamo nel forno troppo a lungo rischiamo di perdere la forma iniziale, rischiamo i famosi arrotondamenti dei bordi e quindi la perdita dei dettagli geometrici.

Inoltre questa vetrificazione dà un aspetto troppo lucido che non è più analogo a quello del dente naturale.

Bisogna inoltre fare attenzione alla parte esterna della capsula che si raffredderà più rapidamente del cuore del manufatto perché sarà esposta all’ambiente esterno e siccome la conducibilità termica della ceramica è bassa avremo la parte esterna più contratta della parte interna quindi potremo avere  lo sviluppo di tensioni interne che potranno poi causare la creazione di microcricche nel materiale.

La scelta del tipo di ceramica, del raffreddamento e dei trattamenti termici che si fanno sul materiale sono importanti per evitare lo sviluppo di tensioni che provocano la criccatura del materiale.


3 -Il passaggio finale è la smaltatura per ottenere uno strato esterno impermeabile e con la lucentezza corretta, per evitare la porosità superficiale che potrebbe causare un possibile innesto di frattura. 

La smaltatura è necessaria per ottenere una superficie liscia utile sia da un punto di vista estetico sia per evitare porosità che potrebbero essere sede di crescita batterica o deposizione di placca.

 

 

 


 

Le due soluzioni più utilizzate nel settore odontoiatrico per rendere più resistenti le porcellane dentali sono:

  • rendere più resistente la ceramica modificandone i componenti e quindi anche le sue proprietà meccaniche
  • l’utilizzo di una sottostruttura in metallo.

L’utilizzo di una sottostruttura in ceramica o l’applicazione della ceramica direttamente sul dente sono tecniche utilizzate in maniera più marginale.

 

 

 

Esistono soluzioni che ricoprono tutta la sottostruttura metallica o soluzioni che ricoprono  solo la superficie masticatoria.

Le leghe maggiormente utilizzate sono quelle rappresentate in figura.

Queste sono alcune caratteristiche che deve avere la lega metallica che useremo per formare l’interfaccia metallo-ceramica:

1 -  l’intervallo di fusione del metallo deve essere maggiore della temperatura di sinterizzazione della ceramica per evitare che il metallo ceda durante la cottura della ceramica. Se il metallo   rammollisce o fonde durante la lavorazione della ceramica si perde la precisione dimensionale.

2 - deve esserci compressione perché la ceramica è molto più resistente alla compressione che alla trazione per cui si è indispensabile un metallo con un coefficiente  di dilatazione termica superiore alla ceramica.

3 - la composizione del metallo deve favorire, durante la sua preparazione o durante la cottura stessa della ceramica, la formazione di ossidi superficiali che siano favorevoli ad un legame chimico con la ceramica, quindi devono essere degli ossidi chimicamente attivi con la ceramica, sottili e ben aderenti alla sottostruttura metallica.

Il legame metallo ceramica in genere si schematizza in 3legami principali: legame meccanico, legame compressivo e legame chimico.

Per il legame meccanico si creano sulla superficie della struttura metallica delle microcavità generalmente mediante sabbiatura che aumenta la rugosità del metallo in modo tale che la ceramica si insinua in queste microrugosità superficiali sia attraverso particelle prima della cottura e sia attraverso la fase vetrosa della ceramica durante la sinterizzazione in fase liquida.

Le rugosità sono piccole per non fare perdere resistenza al metallo.

 

Il legame compressivo è dato dal diverso comportamento termico del metallo e della ceramica e, visto che il metallo ha un coefficiente di dilatazione termica inferiore alla ceramica in seguito alla cottura, la ceramica sarà sottoposta a compressione.

Il legame chimico si forma tra il primo strato di ceramica applicato e lo strato opaco e l’ossido che si trova sulla superficie del metallo.

Il pre-trattamento del metallo e la scelta della lega metallica sono fondamentali per far sì che questo strato di ossido del metallo sia compatibile con la ceramica e sia anche in grado di creare un legame chimico.

La struttura metallica viene ottenuta mediante la tecnica della cera persa, viene poi rifinita con delle frese in carburo di tungsteno, viene sabbiata per ottenere la rugosità che serve per il legame meccanico, viene ossidata per avere lo strato di ossido aderente ed affine alla ceramica e infine viene applicato lo strato di opaco e degli strati successivi.

Questo per quanto riguarda i sistemi prevalentemente vetrosi utilizzati soprattutto nella realizzazione delle metallo ceramiche.


 

La seconda tipologia di materiali ceramici che possiamo utilizzare sono i sistemi vetrosi con filler ceramici, cioè abbiamo una matrice vetrosa analoga a quelle delle porcellane descritte in precedenza e abbiamo delle fasi cristalline che possiamo selezionare opportunamente.

Le più utilizzate sono la leucite, il disilicato di litio e la fluoroapatite.

La leucite migliora la resistenza alla flessione. In particolare, se i cristalli presenti all’interno del sistema sono piccoli, il sistema si presenta adatto ai rivestimenti su allumina o ai rivestimenti su lega metallica ma questo tipo di sistema non ha una resistenza a flessione sufficiente per supportare una ceramica integrale.

Il disilicato di litio si presenta sotto forma di cristalli piccoli e piatti quindi morfologicamente sono cristalli che agiscono bene nella deflessione e nell’arresto di cricche. In questo caso un sistema rafforzato con disilicato di litio presenta una resistenza  alla flessione abbastanza elevata e fa sì che questi sistemi possano essere utilizzati per la costruzione di ceramiche integrali ma il coefficiente di espansione termica è diverso da quello dell’allumina quindi questo tipo di ceramica non è adatto come rivestimento su allumina.

La fluoroapatite è il terzo filler possibile.

I sistemi vetrosi con filler possono essere utilizzati per la realizzazione della capsula in porcellana tradizionale aumentando la resistenza del materiale e in alcune composizioni può essere utilizzata nella realizzazione di ceramiche integrali.

 

Questa è una immagine al microscopio elettronico di un sistema vetro-ceramico con cristalli di leucite dopo attacco acido..

I sistemi vetrosi sono attaccabili di solito dall’acido cloridrico e, in un un sistema vetroceramico , un attacco acido permette di esporre la fase cristallina consumando selettivamente la fase vetrosa.

Questo si utilizza anche per cementare il guscio ceramico sulla porzione di dente residua.

Nei sistemi ceramici con infiltrazione vetrosa abbiamo una matrice che è cristallina (allumina, allumina ad ossido di magnesio…), in questo caso si utilizza un blocco ceramico pre-sinterizzato cioè si fa una parziale sinterizzazione di un composto di polveri ( ad esempio di allumina ) in modo che la sinterizzazione parziale provochi la realizzazione di un composto che non è completamente denso. Le particelle non sono completamente compattate e le cavità non sono riempite da una fase vetrosa perché vi sono solamente polveri ceramiche.

Questo blocco pre-sinterizzato viene poi infiltrato con un vetro che deve essere a bassa viscosità perché deve fluire tra le particelle, ad elevata temperatura. Questo vetro diventa molto fluido e riempie le cavità, solidifica come fase amorfa e produce, alla fine, un oggetto completamente denso.

Questo tipo di sistemi può avere una resistenza alla flessione decisamente più elevata della porcellana.

 

Esempio di guscio ceramico realizzato in allumina sinterizzata quindi soltanto allumina senza nessuna infiltrazione di tipo vetroso a sinistra.

 A destra si può notare il cambiamento dopo il rivestimento vetroso, questo fa sì che si passi da un sistema poroso a un sistema traslucido che replica l’aspetto estetico del dente.



Un altro esempio commerciale in cui abbiamo un ceramico sinterizzato che può essere denso o poroso, in questo caso se abbiamo un ceramico che ha subito una sinterizzazione parziale, quindi ancora poroso, la fase vetrosa viene utilizzata come infiltrazione per riempire le porosità. 

Nel caso in cui l’allumina venga completamente sinterizzata, allora la fase vetrosa non riempie porosità, abbiamo una base ceramica compatta, ma la base vetrosa viene usata come rivestimento estetico un po' come nel caso della porcellana tradizionale cioè è uno strato esterno lucido che va a mimare l’estetica del dente naturale e allo stesso tempo crea una superficie liscia e impermeabile che ostacola la penetrazione batterica e il danneggiamento del materiale.

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